Quante vite può avere un prodotto? Si può riciclare? Il materiale può essere trasformato in altro? La filiera produttiva ha tenuto in considerazione il contenimento dei consumi? Questi sono solo alcuni dei dettagli analizzati dal Life Cycle Assessment, un metodo di valutazione dell’impatto di un prodotto sull’ambiente, studiato dalle prime fasi della sua progettazione fino ad arrivare alla dismissione (come recita la frequente espressione from cradle to grave, “dalla culla alla tomba”), laddove alla fine della sua prima vita non ne possa seguire un’altra attraverso percorsi di riuso e recupero.

Cos’è il Life Cycle Assessment?
Il Life Cycle Assessment –valutazione del ciclo di vita – è un metodo, standardizzato dalle normative ISO14040 e 14044, che valuta l’impatto di un prodotto sull’ambiente, considerando ogni fase del suo ciclo di vita, quindi progettazione, pre-produzione (estrazione e produzione dei materiali, ad esempio), produzione, distribuzione, uso (considerando anche riuso e manutenzione), riciclo e dismissione finale.

A cosa serve?
Dal punto di vista pratico, eseguire l’analisi del LCA serve a ottenere prestigiose certificazioni di prodotto, tutte legate alla loro identità green.
Ne sono esempio il Cradle to Cradle (C2C), sistema di certificazione fortemente voluto da William McDonough e Michael Braungart per controllare i rischi ambientali e proporre prodotti sicuri.
Il Carbon footprint, un protocollo che comprende tutte le emissioni di gas serra lungo il ciclo di vita del prodotto.
Oppure, altro esempio, la Environmental Product Declaration (EDP), programma principale per le dichiarazioni ambientali.

Passando dal piano pratico a quello meno tangibile, studiare il ciclo di vita di un prodotto permette di compiere una scelta consapevole e di considerare le variabili legate al consumo di materiale ed energia, per avere dati certi nel momento dell’acquisto. Si tratta di un valore aggiunto molto caro agli “eco-sensibili”, a chi, oltre al design di un prodotto, ne considera anche la filiera produttiva.

Solo prodotti?
È, infatti, anche la filiera produttiva in sé ad andare sotto la lente del processo LCA. Studiare tutte le tappe della produzione indipendentemente dal singolo prodotto rappresenta un’ulteriore garanzia sul contenimento dell’impatto ambientale di un’azienda. Si tratta di studi che, come conseguenza, permettono di ottimizzare le filiere produttive e contenerne i costi.

LCA e design
Applicabile a ogni tipo di prodotto, l’LCA è sempre più presente nel mondo del design. Il processo di studio viene scelto dalle aziende perché, seguendone indicazioni e risultati, permette di ridurre i costi, favorire l’innovazione, attrarre investimenti, migliorare la posizione del brand e puntare, anche nella comunicazione, sugli aspetti legati all’ecologia.

Per chiarire le idee
In pratica, ci sono alcuni elementi che permettono di capire subito se un prodotto supererà la prova del Life Cycle Assessment o se la sua produzione è incompatibile con il rispetto dell’ambiente. Una regola fondamentale è quella delle tre R: reduce, reuse, recycle. Se il prodotto è stato realizzato con materiale di riciclo o se, una volta dismesso, potrà essere riciclato, la strada è in discesa, perché la prospettiva di vita si allunga. Se per la sua produzione, invece, sarà stato necessario usare materiali provenienti da lontano o filiere particolarmente energivore, il punteggio si abbasserà radicalmente.

Alcuni esempi
SEB Group, multinazionale specializzata nella produzione di piccoli elettrodomestici, ha sviluppato ricerche legate a un modello di bollitore per cercare di ridurne i consumi e fermare il riscaldamento dell’acqua quando raggiunge i 90 °C. Conclusa la ricerca, il nuovo modello di bollitore è stato in grado di registrare una riduzione dal 5 al 30% dell’environmental footprint (corrispondente al 17% del carbon footprint) per una riduzione di spesa di grande impatto.

Un altro esempio è il boiler a gas di Baxi, di cui l’analisi LCA ha permesso di individuare i punti critici, per poi valutare ipotesi di miglioramento per ottimizzare le prestazioni e aggiornare i componenti durante la fase d’uso, oltre a recuperare i materiali a fine vita.

Passando dal mondo dell’interior design al settore del packaging, un esempio ancora più eloquente: dopo aver studiato l’impronta lasciata sull’ambiente dai propri prodotti, Granarolo ha progettato una bottiglia la cui nuova conformazione, rispetto alla precedente, permette di risparmiare l’energia necessaria per illuminare una città per 12 mesi.

I vantaggi
Applicare uno strumento tecnico conosciuto a livello internazionale permette di comunicare al mercato numeri e dati concreti sull’impatto ambientale di uno specifico prodotto e di combattere il greenwashing (pubblicizzare ingannevolmente presunti comportamenti ecosostenibili) che sta inquinando il settore. La scelta consapevole sarà quindi basata su statistiche certe.

Fonte: https://www.houzz.it/ideabooks/77757363